L’approvigionamento di grano sta nuovamente causando preoccupazioni per un possibile aumento verticale dei prezzi della materia prima. Questo aumento, molto probabilmente, avrà un impatto diretto sui consumatori finali.
Secondo i dati forniti da Assoutenti, basati sull’analisi dei numeri forniti dal Mimit, alcune città hanno prezzi più alti per il pacco di pasta. Al primo posto troviamo Pescara, con una media di 2,50 euro al kg. Al secondo posto, con prezzi pari merito, ci sono Cagliari, Genova e Macerata con 2,37 euro al kg, mentre al terzo posto c’è Venezia con 2,35 euro. Al contrario, si spende meno per la pasta a Cosenza con una media di 1,47 euro/kg, Benevento (1,48 euro) e Palermo.
La produzione di grano ha subito recentemente diversi eventi che ne hanno compromesso la quantità, tra cui eventi atmosferici sempre più estremi che hanno portato a una riduzione del 60% della produzione. A questo si aggiungono altri fattori, come sottolinea il presidente Furio Truzzi: “Lo stop della Russia all’accordo Onu per l’export alimentare dell’Ucraina, i raid che hanno distrutto 60mila tonnellate di grano e il crollo della produzione fino al -60% per gli effetti del clima, rischiano di scatenare uno tsunami che si riverserà direttamente sulle tasche delle famiglie”.
Un nucleo familiare di 4 persone spende in media in Italia 1.320 euro all’anno per pane e cereali (pasta, riso, gallette, crackers e derivati vari). Un aumento del 10% dei prezzi al dettaglio dei prodotti derivati dal grano comporterebbe una spesa annua aggiuntiva di 132 euro per famiglia solo per i costi diretti. Ad esempio, il prezzo della pasta, attualmente intorno a 2,09 euro al kg, salirebbe a una media nazionale di 2,29 euro al kg. Il prezzo del pane, che attualmente è intorno a 3,9 euro al kg, arriverebbe a una media di 4,3 euro al kg.