Sapere quanto si guadagna prima di firmare un contratto di lavoro diventa un diritto fondamentale grazie alla nuova direttiva UE 970/2023, approvata per ridurre il divario retributivo di genere e garantire trasparenza salariale nei Paesi membri, compresa l’Italia. Questo importante cambiamento, che dovrà essere recepito entro il 7 giugno 2026, segna una svolta nella gestione del rapporto tra datore di lavoro e lavoratore sin dalle prime fasi di un colloquio.
La trasparenza dello stipendio diventerà obbligatoria sin dalla pubblicazione dell’offerta di lavoro. I datori saranno tenuti a comunicare in modo chiaro la retribuzione iniziale prevista, la fascia salariale e il contratto collettivo nazionale applicato. Questo significa che nessun candidato potrà più trovarsi in balia dell’ambiguità o essere costretto a rivelare quanto guadagnava in precedenti impieghi: un’informazione che non potrà più essere richiesta per legge, proprio per evitare discriminazioni di genere o personali.
In parallelo, le aziende dovranno giustificare eventuali differenze salariali superiori al 5% tra uomini e donne impiegati nella stessa posizione. Se non ci saranno motivazioni oggettive e neutrali, sarà obbligatorio intervenire per correggere il dislivello, garantendo così parità di trattamento a tutti i dipendenti. In caso di controversie, l’onere della prova spetterà al datore di lavoro, e il dipendente potrà chiedere un risarcimento, rendendo più semplice accedere alla giustizia in caso di disparità.
L’Italia è già in parte allineata con questi principi, grazie al Codice delle Pari Opportunità (D.lgs 198/2006) aggiornato dalla Legge 162/2021, ma con l’attuazione completa della direttiva europea si compirà un ulteriore passo avanti per rendere i luoghi di lavoro più equi e inclusivi.
Il cambiamento riguarda anche la possibilità, per tutti i lavoratori, di avere accesso ai dati salariali medi per genere e per posizione, e non solo nel privato: anche la Pubblica Amministrazione sarà coinvolta in questo processo di rinnovata trasparenza.
La disparità retributiva tra uomini e donne è ancora una piaga diffusa: secondo l’UE, il divario medio si aggira intorno al 13%. Questa nuova normativa rappresenta quindi un tentativo concreto di correggere una disuguaglianza strutturale e culturale, valorizzando le competenze e il merito, non il genere o le esperienze passate. La direttiva europea ha un impatto anche sul piano della comunicazione aziendale, che dovrà essere più chiara, accessibile e rispettosa, e porterà probabilmente a un cambio di mentalità tanto nei recruiter quanto nelle risorse umane.
Inoltre, la nuova legge tutela maggiormente chi intende denunciare disparità salariali, permettendo di farlo attraverso canali ufficiali e affidabili, come enti per la parità o rappresentanze sindacali, senza subire conseguenze professionali. L’obiettivo è costruire un mercato del lavoro più giusto, trasparente e meritocratico, che valorizzi davvero il talento, a prescindere dal genere o dalle condizioni personali.
Se applicata correttamente, la direttiva UE potrà contribuire a rendere più trasparente il mondo del lavoro e a promuovere una reale parità di genere, sostenendo un cambiamento culturale atteso da tempo.