A causa delle scarse risorse finanziare a disposizione, il governo lascia in stallo la riforma sulle pensioni poiché c’è poco margine, in virtù di questa situazione di stallo, si va verso la proroga di “Quota 103“: il pensionamento con 41 anni di contributi e 62 anni di età.
La discussione sul pensionamento con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età ovvero “Quota 41”, invece slitterà al 2025, per questo motivo, il governo ha deciso di rimandare la discussione su “Quota 41” poiché al centro del problema resta sempre la necessità di trovare un modo per consentire uscite anticipate dal lavoro alternative al ritorno della legge Fornero (pensionamento con 42 anni e 10 mesi di contributi oppure 67 anni di anzianità).
La “Quota 41” ha bisogno di un budget da 9 miliardi di euro per andare in porto ed è riservata ai lavoratori dai 19 anni di età e ai lavoratori che svolgono mansioni gravose.
Chi sceglierà “Quota 103” ci sarà un tetto massimo per l’assegno pensionistico che non può essere superiore a 5 volte il valore dell’assegno minimo, ovvero sopra i 2870€ lordi (il tetto massimo è l’unico vincolo e non ci sono comunque penalizzazioni in merito al criterio del calcolo dell’assegno). Praticamente si applica il sistema retributivo sulle anzianità acquisite fino al 31 dicembre 1995 e poi il sistema contributivo dal primo gennaio 1996.
Considerando una pensione minima di 547€ per chi sceglierà “Quota 103” tra i 62 e i 67 anni rinuncerà a un trattamento cinque volte superiore all’assegno minimo e quindi non potrà avere un assegno superiore ai 2870€.
Nel frattempo Tridico, presidente dell’Inps, per scongiurare il ritorno alla legge Fornero, ha pensato ad un “passaggio più morbido” in due tempi: avere dai 63 anni un taglio medio del 3% annuo per 4 anni, per poi tornare alla pensione piena a 67 anni.